>>Colonna sonora: “Bye Bye, Bombay” – Afterhours
Lui era seduto al banco a prendere il solito caffè schifoso, come negli ultimi 3 anni circa. Immerso nei suoi pensieri notava appena quando entrava qualcuno e pensava a come organizzare la giornata e i prossimi appuntamenti
“Oh signorino, pensieroso oggi?”
Shirley lo guardava divertita col suo solito mezzo sorriso e quell’orecchino al posto sbagliato, proprio alla fine di quel sorriso. Non si chiamava Shirley, ma quei suoi boccoli biondi le avevano trovato il soprannome prima che lui sentisse (non le chiedesse) il suo vero nome mentre la chiamava un cliente. Non era forse bella, ma aveva qualcosa. Anzi, Qualcosa. Qualcosa che ti faceva girare. E lui si stava accorgendo solo negli ultimi tempi che per quel Qualcosa si era costretto a bere tra i 1500 e i 2000 caffè dal gusto orrendo. Ma l’avrebbe capito con certezza di li a poco.
“Come al solito. Mica vado in giro a sculettare e farmi fischiare dietro da tutti , io!”
“scemo … comunque dura ancora poco!”
“cosa che sculetti? oramai l’età…”
“ma tu non stai mai serio?”
“potendo, mai”
Era vero. Era un po’ autodifesa, un po’ voglia di tirare fuori i sorrisi ed i colori alle persone, un po’ il suo cuore di bambino quando non pensava al lavoro o alle grane. E sin da piccolo tutti gli dicevano che ispirava tranquillità. Non aveva mai capito come fosse possibile…
“bhe, comunque me ne vado. Mi trasferiscono.”
>>Ecco, qui comincia il giro di basso della canzone… da ascoltare al massimo volume consentito … che ti prende alla pancia, il posto dove solitamente alberga l’energia, o la paura.
Lui sente che gli è diventata la pelle grigia. Pensa per un attimo di fingersi indifferente e rispondere con un distaccato “ah davvero?” , ma senza energia gli esce un rantolo ancora più disinteressato. Lei ci resta male e si morde l’orecchino. Cosa che, se l’orecchino fosse al suo posto normale come suggerisce il nome, sarebbe notevole. Invece accentua la delusione dei suoi occhi verdi, assumendo quasi la temibile posa del “labbrino mogio”.
>>”Io … non … tremo … è solo un po’ di me che se ne va”
All’improvviso non c’è più tempo, è troppo tardi. Lei se ne va, e lui non le ha mai raccontato di aver cercato casa sua per capitarci casualmente a passeggio ma di non averla trovata sotto la pioggia, di quanto facessero schifo quei caffè, della copertina del cd dei dEUS che le aveva lasciato sul bancone. Ichi-go ichi-e, ogni incontro è irripetibile. Non ci sarà un’altro momento.
“ehhaii … euunaaa..”
“cosa?”
“no dhhicooo…. hai per caso un cellulare che magari , puoi darmi , se vuoi eh , ma non il cellulare , il numero .. cosi ci si sente, se ti va.. uscire… noi .. te… “
“Per caso”.
Cazzo “per caso” avrà un cellulare? e poi meno male che hai specificato “il numero”, se no ti dava direttamente il telefonino, mentecatto… e mentre lui vorrebbe sprofondare sotto lo sgabello , lei ride e scioglie il mondo in colori biondo ambrati, pensado che lui avesse fatto una delle solite battute.
“Ehi, e ci hai messo tre anni per chiedermelo??”
>>Esplode il finale di chitarre e cori
Racconto liberamente tratto da episodi di vita vissuta… tornati in mente recentemente al chiaro di una birra.